Miggiano

I primi documenti cartacei testimoniano l'esistenza di Miggiano nel XII secolo

stemma del Comune di Miggiano

Storia

Nel 1156 Guglielmo il Malo distrusse la città di Vaste e gli abitanti, si rifugiarono in parte nella valle dove sorge l'attuale nucleo abitato ed in parte in località Torrepaduli. Testimonianza del miscuglio di popoli è il suo stesso nome che, nel corso dei secoli, si evolve da Mesiano in Misiano, poi Misciano e Miggiano dei Paduli nel 1600 ed infine Miggiano. Un'ipotesi suggestiva, ma non per questo poco reale, fa risalire invece le origini della cittadina all'età del bronzo. La presenza infatti in loco di insediamenti umani risalenti a questo periodo è testimoniata dal ritrovamento di vari menhir, grotte scavate nella pietra, e numerose tombe messapiche e romane scoperte nel 1878. Da visitare senz’altro la Cripta di Santa Marina risalente al IX secolo d.C. Suggestivi gli affreschi del 1400.

La cripta riveste notevole importanza per la presenza della “Dormitio Virginis”, raffigurazione ipogeica unica in Italia. Nel territorio di Miggiano sono presenti poi diversi menhir che potrebbero raffigurare divinità funerarie. Tra questi ultimi la più enigmatica è la stele senza volto: ha il collo appena accennato e il volto completamente sfigurato, vuoto, senza lineamenti.

Visto il contesto ambientale, dove originariamente era situata, si può ipotizzare che sia una divinità funeraria; se così fosse, ci si troverebbe di fronte ad una scultura particolare, unica in tutta la preistoria. L’altra scultura, invece, è ben definita: raffigura forse un defunto guerriero, ha i tratti del volto ben determinati; in questo caso l’ignoto artista ha lavorato la pietra grezza per comunicare sentimenti ed emozioni. In ultimo ma non da ultimo merita si esser scoperta la Chiesa Matrice (Secc. XVI-XIX-XX) dedicata a San Vincenzo Martire, che rappresenta un interessante esempio di edificio religioso risultato di diversi stili. Di particolare rilevanza artistica è la tela di San Vincenzo Martire, dipinta agli inizi del XVII secolo probabilmente dal neretino Donato Antonio D’Orlando.

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